Ricordo che a dieci anni andai al carnevale messicano di San Vicente. Vidi una donna con una coda lunga trentacinque centimetri, ricoperta di peli. Era vera. Me la lasciò tirare, e mi sorrise con un ghigno marcio. La fisarmonica suonava polke indiavolate da far sanguinare le orecchie e non mangiai altro che churros per tutta la notte, finché la fiera non fu altro che una macchia di luce. Con lo zucchero tutto intorno alla bocca, la testa che mi girava e le orecchie che mi ronzavano, ritornai di filato al ranch con un pickup stracolmo di ragazzini assetati, neri come la pece e che schiamazzavano tutti in spagnolo. Stavo talmente male il giorno dopo, che mi misero in uno degli stabili lontano da quello principale. Pensavo mi avessero sbattuto laggiù per morire e in fondo lo presi come un gesto gentile. Ogni giorno, una piccola ragazza messicana veniva a visitarmi e io leccavo lo sciroppo dalle sue mani. E il dottore somigliava a Charles Boyer, mentre se ne stava sopra di me con una siringa gigante, spruzzando il siero giallo nell'aria e parlando in portoghese.
(Tom Waits)
giovedì 13 marzo 2008
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