venerdì 10 luglio 2009

L'onda è irriducibile


Quando morì Michael Jackson, il primo pensiero dei twitters iraniani fu: ‘Adesso Jacko ci oscura tutti’. E un’aria di lutto ammantò la rete. Quando sei in ballo con una rivoluzione, la regola numero uno è ‘avere gli occhi di tutti i media puntati addosso’. E poco importa che il regime abbia rispedito a casa l’americano Cohen, le troupe della BBC con l’ottimo John Simpson, gli olandesi di rete Nova e i belgi di Rtbf e Vrt. Restano i twitters, ormai adottati come fonte dalla Persian BBC come dalla CNN, dalla ‘Reuters’ come da ‘Repubblica’, dal ‘Guardian’ come da chi scrive su questo blog. Ma i media hanno bisogno di azione. Se l’azione langue, se la crisi entra in una fase di stallo, spostano immediatamente la loro attenzione altrove. E stavolta c’era solo l’imbarazzo della scelta: un golpe in Honduras, il G-8 all’Aquila, scontri etnici in Cina. Così, ieri, con la folla iraniana assente dalle strade dal 29 giugno, i nuovi disordini di Teheran e nel resto dell’Iran sono stati vissuti nelle redazioni dei giornali e dei telegiornali quasi come un azione di disturbo. Se mi passate la metafora tennistica, ieri sul campo centrale giocava il G-8, per l’Iran avevano previsto il campo 2 nel pomeriggio, sempre che qualcosa di nuovo non rivoluzionasse il programma. Gli iraniani sono scesi in campo puntuali, alle 17 ora locale (le 15 italiane) e hanno giocato il match della vita. Continua a leggere qui

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